Visto e Paranoie. #12

By 11:31 PM , , , , , ,

A volte si hanno talmente tante cose a cui pensare, che si finisce per non pensare a niente.
Mi sento come se fossi sommersa da tutto, 
da tutti.
Mi sento in “dovere” di mai dire di no, 
a nessuno, 
perchè ,“potrebbe essere l’ultima volta che..” ,
in verità avrei bisogno di prendermi un attimo, per elaborare,
Crediateci o no negli ultimi 10 mesi non ci sono ancora riuscita.
Diciamo che, la paura di lasciare qualcosa di cosi famigliare,
come il posto dove ho trascorso tutta la mia vita fino ad ora, inizia a farsi sentire.
A volte mi capita di fermarmi a pensare,
rifletto spesso, su come la realtà che mi troverò a vivere sarà completamente diversa da quella che vivo qui, tutti i giorni;
eppure, questo non mi ferma, non mi fa dubitare nemmeno per un secondo della mia scelta; 
Di quante cose si ha avuto paura?
E quante volte si è scoperto quanto queste nostre paure  fossero infondate?
L’unico modo per accrogeresene però,
è affrontarle.

Con così poche certezze a cui affidarsi, finsco per aggrapparmi ai minimi avvenimenti, 
piccoli, 
minuscoli indizi, 
che mi fanno capire che c’è qualcuno la, ad aspettarmi;
una mail, un messaggio, persino una foto su snapchat,
mi fanno sentire “ben voluta”,
e non così sola in tutto ciò.
Questo contatto che si è creato con loro è stato totalemnte insapettato, ma è stato anche la cosa più naturale che potesse avvenire,
penso che non manchi sintonia tra noi,  
o almeno, 
tra i nostri messaggi.

Per quanto riguarda la parte pratica...
Oggi invece sono andata in ambasciata, a Milano,per fare il colloquio per il visto,
definirei tutto ciò “lungo e doloroso”.
Non solo ho aspettato per un’ora fuori, nell’afa milanese, ma anche dentro mi sono fatta i miei 45 minuti di coda.
Tralasciando questi inconvenienti, non è niente di traumatico il colloquio in se, una volta consegnati i documenti necessari,la tua sorte è in mano alla fortuna,
potresti capitare nello sportello in cui l’intervista viene fatta in inglese, oppure in quello italiano.
Sono capitata in quello italiano, mi hanno semplicemente chiesto dove andavo negli stati uniti, e poi augurato buona fortuna,
insomma, mi aspettavo un po’ di più di questo dopo tutta la fatica.

Quindi con il visto fatto, dovrei avere concluso l’infinito susseguirsi di colloqui e incontri pre-partenza, e (forse) posso reputarmi pronta per partire.

Perlomeno sulla carta, 
fisicamente,
è ancora lunga la strada.     

                                                 

                                                      
                                                         (Ambasciata di Milano)

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